14 marzo 2009

Intervista a Luttazzi



Mea culpa. Come può essermi sfuggita una perla come questa non so. Me ne scuso e pubblico subito una parte dell'intervista (ormai un pò datata) che trovate in versione completa sul blog di Daniele Luttazzi.

Cosa pensi del ruolo che i satiristi hanno assunto oggi in Italia? Del fatto che siete diventati ‘punti di riferimento’ (politico) per la gente? La ritieni una situazione inevitabile data la contingenza storico-politica? Come vivi questa grande attribuzione di responsabilità da parte della gente? Come ti poni rispetto al fatto che molta parte del tuo pubblico ti vede più come un punto di riferimento politico che non come un artista satirico?
La nostra credibilità è dovuta al fatto che abbiamo detto certe cose in tv fregandocene della conseguenze in termini di convenienza economica: restare in tv facendo i paraculi era molto più vantaggioso. Essere un artista satirico e essere un punto di riferimento politico è inevitabile in generale, e non c’è affatto contraddizione fra le due cose. La responsabilità non me la dà la gente, me la dà la mia arte. Fa parte di questa responsabilità non strumentalizzare il pubblico e il suo consenso. Quanto ai politici italiani, hanno mentito ripetutamente e spudoratamente, hanno mostrato di difendere all’unisono gli interessi della propria casta, hanno rivelato la loro mediocrità diffusa. La gente si è rotta le scatole. E ci hai fatto caso? In Italia, ogni volta che scoppia uno scandalo, tutti lo sapevano già da tempo. Che razza di Paese!

L’8 luglio di quest’anno, in piazza Navona a Roma si è tenuto il “no Cav Day”. Qui hanno dato espressione del loro pensiero anche alcuni comici attraverso la satira. Per esempio erano presenti Grillo e la Guzzanti. Perché tu non c’eri?
Perché la piazza favorisce il populismo. Non mi piace ingenerare equivoci: è il mio modo di rispettare il pubblico. La satira dev’essere contro il potere. Anche contro quello della satira. A teatro, le intenzioni dell’artista sono limpide. In piazza, in una manifestazione partitica, no. Guai al pubblico che si mette a guardare ai satirici come a cavalieri senza macchia e senza paura, e guai ai satirici che finiscono per crederci.

Si passa senza soluzione di continuità [per citare solo dei due poli della faccenda] dalle imitazioni del Bagaglino ai comizi in piazza di Beppe Grillo. In mezzo, modulazioni di queste tipologia. Per quale motivo è accaduto tutto ciò? È una trasformazione solo italiana o un fenomeno globale?
La satira pare scomparsa perché non è più ammessa in tv nella forma libera che le è propria. In questo modo le tolgono impatto. E’ un fenomeno solo italiano, che rende il nostro Paese una provincia asfittica e poco democratica. La satira in tv fa picchi di ascolto, ma non la si vuole. Quindi il problema è politico.

Le profezie di Guy Debord a proposito della Società dello spettacolo si avverano sotto i nostri occhi: il governo si occupa della «percezione» delle cose da parte dei cittadini più che della sostanza materiale, dei bisogni, dei fatti. L’invenzione dell’«emergenza sicurezza» è un caso lampante. Come pensi ci si debba muovere in questo scenario?
Come suggeriva Debord: con pratiche di vita alternative.

C’è necessariamente contraddizione tra satira e impegno civile/politico attivo?
La satira è politica, dato che esprime una critica dell’esistente. E nasce politica: Aristofane attaccava il demagogo Cleone e il partito dei democratici, che volevano la guerra. Chi dice che la satira non deve fare politica vuole solo censurare la satira. La satira esprime un punto di vista, quindi è faziosa. Uno può fare benissimo satira e candidarsi al senato: in America, lo ha fatto Al Franken. Ed è stato eletto. Una volta intrapresa la carriera politica, però, ha giustamente abbandonato gli spettacoli satirici.

Del panorama satirico tedesco mi ha colpito il fatto che molti cabarettisti che fanno satira politica ritengono che la satira non possa essere più che gehobene Unterhaltung, intrattenimento di livello. I cabarettisti tedeschi sono tendenzialmente scettici circa la possibilità di poter incidere con la propria satira sulla realtà; molti di loro concepiscono il mezzo televisivo essenzialmente come moltiplicatore, come strumento pubblicitario per attrarre la gente a teatro. Il divario rispetto alla situazione italiana, in particolare per quanto riguarda il valore e il potere che nel nostro paese alla satira è attribuito (nel bene e nel male) è incolmabile.
Il loro scetticismo ha forse un’origine storica: Karl Kraus non ha fermato Hitler; ma, anche così, la loro è una visione molto angusta della potenza satirica. I suoi effetti sono culturali e riverberano sulle generazioni a venire. Ma devi avere dentro una rabbia vera, sennò fai solo del “colore” sull’attualità: non dai fastidio a nessuno, anzi sei perfetto per il marketing.

L’ottima salute (in quanto a causticità e aggressività) di cui gode la satira in Italia non può prescindere dal collasso socio-politico del paese? La satira deve in altre parole tendere al suo annullamento? Una società sana non ha bisogno di satira?
La satira esisterà finchè esisterà l’umanità, con tutte le sue contraddizioni. La “società sana” è un’utopia nazista.

Qual è l’obiettivo del tuo ‘fare satira’? Difendere / rafforzare la democrazia? Affinare lo spirito critico della gente?
L’obiettivo della satira è esprimere un punto di vista in modo divertente. Divertente per chi la fa. Se il pubblico ride, tanto meglio, ma non è un criterio per giudicare la bontà della satira: ogni risata dell’autore contiene una piccola verità umana; a volte la verità fa male e non tutti sono disposti a riderne. Il pericolo per chi fa satira è ritenere che sei sul palco a dire la verità: questo abbaglio ti trasforma in un predicatore, in un leader di masse, in una persona di potere. L’arte ti abbandona.

Credi che la satira abbia anche una funzione di valvola di sfogo o di conforto? O al contrario contribuisce ad aumentare il disagio?
La satira nasce dalla rabbia, ma non è mai consolatoria. Induce alla conversione e all’azione. Il disagio che aumenta è solo quello dei parrucconi.

Il linguaggio della satira è espressivo al punto che può infastidire chi lo ascolta. Ciò, a volte, crea un effetto di rigetto su una determinata fascia di pubblico. La gente, quindi, deve essere preparata per poter comprendere la satira?
La satira è un gusto. Il gusto per la libertà di pensiero. In Italia siamo regrediti al punto che la gente dev’essere preparata alla libertà di pensiero? Certo, secoli di Vaticano non aiutano. E comunque la satira mica può piacere a tutti: i suoi bersagli, ad esempio, non ridono. Lo scandalo della satira non è nei termini indecenti, ma nel fatto che la sua libertà espressiva corrode i nostri pregiudizi. I pregiudizi rassicurano. La satira no.

Come mai secondo te, da un po' di anni in Italia le informazioni si hanno più dai comici che non nei telegiornali e sui giornali?
Questo è un luogo comune. Ci sono tanti giornalisti formidabili che onorano la propria professione. Vediamo però di continuo giornali e telegiornali fare propaganda: edulcorano o cassano o mistificano le notizie. La satira, nel commentare i fatti, li ricorda. E così il grosso pubblico, che non legge i giornali, apprende le notizie dalla satira! Ma la satira è uno stormo di piccioni. Da qui l’attenzione.

Quale credi sia il potere della satira? A tuo avviso quali risvolti concreti ha o può avere la critica della satira? La satira può ‘cambiare il mondo’? ( o, come tu hai domandato ad altri autori satirici, la satira può agire sulla Storia? Se sì, come? Se no, perché? )
La satira è innanzitutto arte: in quanto tale, agisce sulla Storia offrendo all’umanità uno sguardo rinnovato sul mondo; per questo, fin dai tempi di Aristofane, la satira è contro il potere, di cui riesce ad annullare la natura mortifera mantenendo viva nel nostro immaginario quella sana oscillazione fra sacro e profano che chiamiamo dubbio. L’effetto concreto della satira è quello della liberazione dell’individuo dai pregiudizi inculcati in lui dai marketing politici, culturali, economici, religiosi. Il potere si accorge che questo va contro i suoi interessi e ti tappa la bocca. E’ sempre stato così ed è un ottimo motivo per continuare a farla. Dove è possibile. ( Il mio sottoscala. )

Negli Usa hanno eletto Obama e i media magnificano l’evento, come se i guasti del passato fossero definitivamente alle spalle e ci attendesse una rinascita generale. Come minimo occidentale. Forse addirittura planetaria. Ti associ anche tu all’euforia generale?
L’euforia generale è dovuta soprattutto al cambiamento che Obama ha promesso. A settembre ero a New York da Letterman il pomeriggio che ha intervistato Obama. Ero in prima fila, Obama era a cinque metri da me, me lo sono studiato bene. Dopo la sua prima risposta il pubblico era già in visibilio: Obama non dice nulla di diverso da quello che i democratici USA hanno sempre detto, ma sa dirlo in maniera avvincente. E con meno ambiguità rispetto a una Hillary. E’ ancora presto per giudicare. Le questioni cruciali, come si sa, saranno la politica estera ( ritiro dall’Iraq e dall’Afghanistan, rilancio della diplomazia e delle relazioni internazionali ) e la politica economica ( new deal, fine della speculazione finanziaria ). Non ci resta che aspettare.

Adesso un passo indietro. Torniamo al famigerato “editto bulgaro”. Biagi ha fatto in tempo a rientrare in Rai, Santoro ha recuperato stabilmente il suo spazio; com’è che tu sei ancora fuori?
Perché sono un cane sciolto. L’Italia è divisa in clan che si spartiscono il potere. Se non appartieni a nessuno di essi, ti fanno fuori in due secondi.


Continua...

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