10 gennaio 2010

L'uomo nero della miseria nera.



Avevo in mente un articolo sulla situazione di Rosarno, pronte le fonti e gli spunti di riflessione. Stamattina accendo il pc e dico "ok, ho giusto mezz'oretta libera, vediamo di stendere qualcosa, anche se la pena che provo per questi avvenimenti mi toglie la voglia di scrivere." Appena entro in facebook per vedere gli aggiornamenti dei canali, leggo dei versi molto belli, e mi convinco come già altre volte, di lasciare ad altri la possibilità di far arrivare al cuore e alla mente in maniera diversa qualcosa che arriva sempre potentemente in modo strumentalizzato, politicizzato o, dall'altra parte, troppo moralistico. Buona lettura; consiglio un minimo, un pizzico di immedesimazione.


Considerate se questo è un uomo
di Adriano Sofri

"Di nuovo, considerate di nuovo
Se questo è un uomo,
Come un rospo a gennaio,
Che si avvia quando è buio e nebbia
E torna quando è nebbia e buio,
Che stramazza a un ciglio di strada,
Odora di kiwi e arance di Natale,
Conosce tre lingue e non ne parla nessuna,
Che contende ai topi la sua cena,
Che ha due ciabatte di scorta,
Una domanda d’asilo,
Una laurea in ingegneria, una fotografia,
E le nasconde sotto i cartoni,
E dorme sui cartoni della Rognetta,
Sotto un tetto d’amianto,
O senza tetto,
Fa il fuoco con la monnezza,
Che se ne sta al posto suo,
In nessun posto,
E se ne sbuca, dopo il tiro a segno,
“Ha sbagliato!”,
Certo che ha sbagliato,
L’Uomo Nero
Della miseria nera,
Del lavoro nero, e da Milano,
Per l’elemosina di un’attenuante
Scrivono grande: NEGRO,
Scartato da un caporale,
Sputato da un povero cristo locale,
Picchiato dai suoi padroni,
Braccato dai loro cani,
Che invidia i vostri cani,
Che invidia la galera
(Un buon posto per impiccarsi)
Che piscia coi cani,
Che azzanna i cani senza padrone,
Che vive tra un No e un No,
Tra un Comune commissariato per mafia
E un Centro di Ultima Accoglienza,
E quando muore, una colletta
Dei suoi fratelli a un euro all’ora
Lo rimanda oltre il mare, oltre il deserto
Alla sua terra –“A quel paese!”
Meditate che questo è stato,
Che questo è ora,
Che Stato è questo,
Rileggete i vostri saggetti sul Problema
Voi che adottate a distanza
Di sicurezza, in Congo, in Guatemala,
E scrivete al calduccio, né di qua né di là,
Nè bontà, roba da Caritas, nè
Brutalità, roba da affari interni,
Tiepidi, come una berretta da notte,
E distogliete gli occhi da questa
Che non è una donna
Da questo che non è un uomo
Che non ha una donna
E i figli, se ha figli, sono distanti,
E pregate di nuovo che i vostri nati
Non torcano il viso da voi."

Si.. è proprio "quel" Adriano Sofri, Ma ora come ora conta poco, rispetto ai versi che veramente hanno colpito me e molta altra gente. Il diritto/capacità di esprimerle non riguarda il tema del giorno nè altre valutazioni di sorta, pur possibili ma non è questa la sede.

9 gennaio 2010

Bentornati. (Scontri Rosarno)

Bene, a breve riprenderà la stagione, spero vi piaccia la grafica nuova. Vi lascio con un video che descrive meglio la situazione di Rosarno precedente agli scontri degli ultimi giorni. Così, per essere completi, e sperando che torni tutto alla civiltà in quelle terre. Naturalmente la maniera migliore che le forze dello Stato hanno avuto è stata quella di spostare gli immigrati piuttosto che capire meglio il perchè degli scontri e poter fare i "forti" con i "forti", con gli sfruttatori delle povertà, piuttosto che prendersela con le povertà. Una volta tanto spero che si muovano anche in quella direzione, perchè quella gente ha bisogno di dignità, non di essere spostata per cancellare il problema dalla mente degli Italiani, come al solito.

18 dicembre 2009

Buon Natale.




Un felice natale e i migliori auguri di un nuovo anno. I lavori del blog vengono sospesi con la speranza di riprenderli sotto una luce nuova, che poco è piaciuta in questi ultimi tempi. Ne approfitto per rivelare (a chi ancora non lo sapesse) il mitico regalo che il nostro presidente della camera ha fatto al direttore del giornale Feltri per natale: una bel flacone di Valium, con i migliori auguri riprendersi dalle sue "ossessioni e allucinazioni". Ecco, l'augurio che ci facciamo tutti è di non ossessionarci davanti a questo teatrino demenziale che stà sostituendo importanti temi di cui vorrei si parlasse, in maniera da non dovermi giornalmente dedicare sempre alle solite cose trite e ritrite (anche se ogni tanto tristemente rinnovate da qualche vergognoso avvenimento). Mi dispiace non essermi potuto occupare della conferenza sul clima di copenhagen, ma non ci ho visto dentro nessuna novità e nessuna notizia da approfondire. Mi spiace non essermi potuto occupare di finanziaria, perchè è stato solo un mattone leggero confezionato e non discusso. Mi spiace non aver potuto parlare ancora di immigrazione, nonostante le belle parole di apertura di Fini, perchè è stato subito tacciato di tutto quel che sappiamo e poi si è parlato d'altro. Insomma, speriamo in qualcosa di più dal 2010, questo per dirvi che non è solo colpa mia l'occuparmi sempre e solo delle stesse cose. Questo blog vuole essere uno "specchio pulente", per dimostrare che quando sembra che non ci sia altro da dire, in realtà c'è un abisso e le domande non vanno mai taciute. Certo non posso imporre io le questioni importanti a cui dedicare attenzione.

Ah, Faccio i miei migliori auguri a famiglia e amici che mi sostengono e qualche volta aiutano nel proseguimento di questo spazio. Una valium a testa e sogni d'oro 2009 XD.

17 dicembre 2009

Odi et amo..

Tiè, beccatevi in tempo reale l'intervento andato in onda poco fà ad opera di Travaglio. Questa volta il giornalista ha avuto ben poca originalità. Molti blogger infatti hanno esordito già ieri nella serata e stamattina con interventi simili di "risposta" alle parole del premier del "popolo che ama contro il popolo minoritario che odia". Così in poche ore questa teoria non solo è stata smontata ma ovviamente presa a sberleffi dal popolo della rete, che si è esibito in post lunghissimi su insulti, parolacce e giri di parole osceni ad opera di politici e giornalisti "di destra..". In effetti oggi il confronto destra-sinistra si è ridotto a questo: io odio tu ami, io amo tu odi.. io lavoro tu no, io dialogo tu no. Queste categorie che si sono volutamente messe in campo sono fondamentalmente simili a quei sentimenti ultranazionalisti del "io so io e questa e la mia terra, tu fuori perchè sei diverso". Certo una differenza c'è. La coerenza.



P.S. Come avrete notato ho modificato la grafica. Ora c'è un minimo di colore e di ordine in più. Noterete la libera ispirazione alle colorazioni "facebook" :)

16 dicembre 2009

Concita ti stimo.


Ora, parliamone due secondi. Io le persone le guardo in faccia, non mi interessa che portino la targhetta di destra, sinistra, fascismo comunismo giustizialismo antiberlusconismo e chi più ne ha più ne metta. Soprattutto se le targhette sono apposte da terzi. Le uniche "targhette" valide sono quelle che ciascuno si appone al proprio petto con merito. Il merito/demerito passa attraverso pensieri, parole, opere e omissioni. Oggi il merito vero va ad una giornalista capace che è tra le poche/i a scrivere parole sagge in un momento in cui sono più moderati i giornali estremisti, forse perchè nella loro estremizzazione celano minore ipocrisia. La brava Concita de Gregorio, direttrice dell'Unità (un giornale che neanche leggo) ha stupito tutti per la sua caparbietà e la sua educazione. Questo uno dei suoi editoriali, molto letto e commentato sul web.
P.S. Questa giornalista ha probebilmente alcune idee diverse dalle mie, ma oggi se ne stà in primo piano su questo blog. Forse interesserà a pochi, lo sottolineo perchè è cosa rara oggi.

Il Piano Eversivo

"Ecco che cosa è irresponsabile. Mentire. Dire spudoratamente come fa Il Giornale a caratteri cubitali che «era tutto organizzato». Utilizzare il gesto di una persona che non sta bene (dov'era la sicurezza, dove stava guardando?) per criminalizzare ogni forma di critica e di dissenso, in definitiva mettere le premesse per uno stato di polizia dove diventi difficile, meglio se impossibile, manifestare, esprimere il proprio pensiero anche in modo aspro come avviene in ogni paese democratico.
Non c'è nessuno bisogno di leggi speciali, basta applicare quelle che ci sono. Non serve lo scudo fiscale, basta inasprire i controlli e far pagare le tasse. Non serve oscurare internet, basta usare gli strumenti che esistono per bloccare chi ingiuria. Chiudere internet equivale a spaccare il termometro per curare la febbre. Il problema, al solito, non è chi commenta ciò che accade: il problema è ciò che accade, e non basterà blindare le piazze e oscurare i siti perché i fatti cessino di esistere. Sarà solo molto peggio. Servirà ad esacerbare gli animi a provocare - così sì, così davvero - tumulti. Non occorre abolire i processi o ridurli al lumicino, basta sottoporsi ai giudizi. Se viaggio costantemente contromano e mi multano 2500 volte non sono perseguitata dai vigili urbani. Ho due possibilità: dimostrare che non ero alla guida oppure pagare la multa. La regola esiste, cambiare le leggi in corsa significa mandare agli italiani il messaggio che chi può - solo chi può, certo - fa come gli pare. Fessi gli altri. Si attrezzino a diventare molto ricchi e potenti o si illudano che basti attaccarsi al carro di chi lo è. Irresponsabile è scardinare le regole perché è più comodo, si va più veloce, che noia questo Parlamento, che zavorra questi processi, che tormento questa stampa. Eliminiamoli. Non serve cambiare la Costituzione, basta rispettarla. Rispettare la Carta, i poteri, la magistratura, il capo dello Stato, l'opposizione. Non dire un giorno sì è l'altro pure che il tricolore va nel cesso, l'opposizione è cogliona, i giudici eversivi, il capo dello Stato fazioso. Non far finta che si sia agli anni di piombo, evocare come ha fatto ieri Cicchitto il terrorismo e i mandanti morali e intanto, con l'altra mano, mettere la fiducia su una Finanziaria che restituisce alla mafia i beni sequestrati. Questo sì è irresponsabile, pericolosissimo, criminale. Evocare il terrore per far carne di porco delle norme minime di convivenza, della discussione tra chi ha idee diverse e non per questo deve essere additato come assassino facendo di ogni erba un fascio: confondendo la violenza con l'obiezione legittima, Tartaglia con Rosi Bindi e guai a chi si azzarda a dire sillaba. Non siamo agli anni di piombo, Cicchitto. Siamo caso mai sempre alla P2. Siamo davanti a un disegno chiarissimo. Titolava ieri Libero: la Procura di Palermo non s'arrende. Ecco il punto: barattare il duomo in faccia con il colpo di spugna. Un folle lo ha ferito, emergenza nazionale, si azzerino i processi. C'entra? Non c'entra. Ai processi si va, si dibatte. In Parlamento si va, ci si sottopone al voto. Anche in piazza si va. A criticare, a far comizi. Nel caso dei comizi, possibilmente, con un buon servizio d'ordine. Di questo, in un paese normale, si parlerebbe oggi. Di come garantire la sicurezza e la civiltà nel confronto, non di come eliminarlo."

Concita De Gregorio, L'Unità.

15 dicembre 2009

Come si autodistrugge un regime.

Questa riflessione proviene dai trascorsi di questi 2 anni e dall'immaginario italiano (oltre che dall'esperienza di spettatore-cittadino) degli ultimi 5-6 anni. Intendiamo innanzitutto come "regime" un generico termine riferito ad uno status etico di una nazione, che sia democratica o autoritaria (così regime può essere una democrazia parlamentare, una dittatura popolare, una monarchia, ecc). Mi sono interrogato a lungo su quali siano i "termini in gioco" per la vita, la durata e la salute di un regime. Ho concluso (senza alcuno studio di scienze politiche) la riflessione con delle valutazioni simili ad alcune teorie economiche basilari applicate all'etica.
Ci sono quindi a mio parere molti elementi in gioco in uno Stato che fanno la differenza. Ma identificando la vita di un regime come un "ciclo di vita", potremmo disegnarlo un pò come una parabola. Essendo su un foglio, solo ed esclusivamente in due dimensioni, dobbiamo quindi astrarre da questi elementi solo gli essenziali. Ne ho individuati 3, che sono i fondamentali elementi in gioco in qualsiasi regime: Il comando, il ricevente e il messaggio. Semplificando queste nozioni molto generali li potremmo chiamare Il capo-maggioranza, il cittadino-suddito e la comunicazione-propaganda.

Il "Capo" può essere un dittatore in una dittatura, un re in una monarchia, un governo in una democrazia, che sia parlamentare o autoritaria. L'equilibrio (che rappresenta il grado di inclinazione della nostra parabola) lo si trova nella coerenza tra la politica del capo (e la sua vera identità), la comunicazione di tale politica e il gradimento del popolo. Se questo equilibrio rimane nel tempo, una parabola molto piatta assicurerà uno status quò condiviso per molto tempo. Ma è pur sempre una parabola, e la fase discendente è inevitabile. La politica è fatta di compromessi e di propaganda (identificando nel nostro sistema propaganda come il gap comunicativo tra identità della politica e messaggio perpetrato ai cittadini, quindi incoerente con l'identità tenuta nascosta dal soggetto capo). Nel tempo è inevitabile come la propaganda sia inizialmente utilizzata come collante laddove la politica non funziona, fino a raggiungere il punto critico di stallo, nel momento che i cittadini riconoscono la falsità e faziosità dell'informazione (e quindi l'incoerenza del terzo fattore sopra citato). Così il popolo comincia a lamentarsi, a sgombrare la mente da pregiudizi politici di sorta e a volere più trasparenza e uguaglianza. Qui stà la scelta ultima del "regime": i tre fattori non vanno più d'accordo. O cambia il capo, o cambia il messaggio, o cambia il popolo. Il popolo non può cambiare se non nel lungo periodo (e a questo può pensare e ha pensato la televisione in questi 15 anni, ad esempio) ma solo fino ad un certo limite. Gli altri due fattori, una volta capita l'incoerenza di fondo del sistema, devono cambiare assieme.

Ora, l'occidente è diventato democratico perchè ha riconosciuto la capacità di fondo delle democrazie di cambiare i fattori "capo e messaggio" quando lo si ritiene necessario per assicurare una parabola più lunga possibile del proprio regime. In alcuni stati (pensiamo alla storia novecentesca) invece si è forzata la mano per cambiare nel tempo il fattore popolo tramite (principalmente ma non solo) il controllo di mezzi d'informazione (ricordate la radio di regime mussoliniana). Chi ha scelto la prima via ha allungato il ciclo di vita dello status quò, chi ha scelto la seconda lo ha irrimediabilmente accorciato. In alcuni casi è riuscito a renderlo non troppo corto con un abile gioco di trasformismo e ricatto, ma la strada è comunque segnata.

La parabola dunque si innalza e arriva il punto di stallo. I cittadini protestano e il potere, comunque costituito (dittatura, democrazia, monarchia, ecc) deve trovare una soluzione NON censoria, ma dedita all'ascolto e al compromesso (attenzione: compromesso vero, non di facciata tramite la stessa comunicazione che il popolo ha già identificato come non credibile). Se ciò non succede, è la discesa. Se le piazze democratiche (numerose, indifferentemente dalla maggioranza o minoranza politica costituita) vengono lasciate "sole" la caduta comincia, ed è tanto più repentina quanto più grave è il disagio. Da questo momento, sparare urbi et orbi propaganda è un rimedio parziale e sconsiderato, poichè più violenta e irrimediabile sarà la caduta. Se i cittadini vengono lasciati soli nei loro problemi, complice "magari" una congiuntura economica sfavorevole, o un conflitto vicino, non importa che l'elemento "messaggio" sia rassicurante o venga propinato come vero l'incredibile consenso al re/capo/governo; bisogna capire prima che se la discesa è iniziata, diventa tutto transitorio. Non mettere una pezza, non cambiare orizzonti significa attirare sfogo NON democratico (nelle democrazie) e direttamente violento laddove di regime autoritario tratta. Tanto lunghi gli anni di Mussolini come tanto veloci gli attimi dei trambusti e delle violenze che portarono alla sua scomparsa. Se davvero il sistema di uno Stato ripudia guerra e violenza, non il popolo bensì le istituzioni stesse e in particolare l'elemento "capo" sono responsabili dell'ordine e del dialogo. Il disagio non è mai figlio di un capriccio. I giusti messaggi istituzionali, quelli veri, quelli sani, possono portare ad una distenzione. La propaganda acuirà solo la curva della parabola.


Ora, è compito del lettore adeguare questo modello alla situazione di qualsiasi governo/stato e naturalmente anche all'Italia del 2009, in un momento che francamente al di là delle opinioni intimorisce tutte le persone democratiche e intelligenti. Se posso dirla tutta, in un momento di tensione si stà pensando a censurare internet e a indicare il nemico come responsabile della violenza. Fermare la spirale, e che chi di dovere pensi ad appiattire la parabola, accettando una volta per tutte di trovarsi ormai in fase discendente, in aumento di velocità. Il consenso popolare e la stabilità di un Paese non sono poi così rigidamente associati, soprattutto quando la propaganda, come già detto, non è per definizione coerente con l'identità del capo. Mussolini Deve insegnarci qualcosa, fatto salvo che è salito democraticamente, e quasi fino all'ultimo democraticamente amministrato con il consenso (o il silenzio-assenzo) del popolo. E forse in lui c'era più coerenza tra messaggi e azioni. Ma le conseguenze le sappiamo. Senza fare ulteriori paragoni che certo non si possono fare nel 2009, il sistema sopra esaminato, seppur pienamente opinabile, per chi lo condivide rimane lo stesso. Si parla di fermare la spirale. Bene, ma dopo rinnoviamo democraticamente e civilmente la parabola, restituendo coerenza al sistema capo-cittadino-messaggio.

Se (ad esempio, e premesso che il sottoscritto non odia nessuno) una parte accetta di dialogare e il capo continua senza compromessi a fare ciò che ha creato il disagio (ricorderete l'inizio dell'ultima legislatura), non è nei "nemici" che troverà la risposta alla domanda "ma perchè c'è gente che mi odia".

Andrea Tuscano

14 dicembre 2009

Passaparola: Il più amato dagli italiani.

Dopo tutte le sconcerie raccontate fin da stamattina sui mandanti "morali" dell'attentato di ieri, sono veramente frastornato. Mi chiedo come si faccia a sparare così tante menzogne accusando a destra e a manca politici giornalisti e oppositori su un fatto come questo, nonostante tutti abbiano sottolineato come la violenza è negativa e da condannare (si, anche Di Pietro, che però non solo lo ha sottolineato molto meno, ma la tv ha poi pensato bene di astrarre dal suo discorso solo la parte secondaria e più impropria in un momento come questo.). Oggi "Il giornale" ha dato la colpa a tutti: Casini, Di Pietro, Bindi, Persino Fini. Ridiamo un pò di verità a queste ore che sfiorano l'indecenza.