28 febbraio 2009

Passaparola n°35. I girotondini.


Video

Mettetevi nei panni di uno straniero che è entrato in Italia l'altro giorno, ha scoperto che hanno condannato il principale coimputato del Presidente del Consiglio, ha detto: “ah, perché il presidente del Consiglio è imputato? E di quale reato? Di avere corrotto un testimone perché mentisse sotto giuramento nei suoi processi. Ah però! In un Paese dove c'è un collega al governo, anche io che non ho mai pensato di fare fondi neri all'estero, fondi neri, corruzione di testimoni... pensavo di fare qualche scippo, di spacciare qualche canna, ho trovato il Paese giusto: c'è un collega molto più importante e pericoloso di me che mi governa. Potrà mai quel Paese chiedere a me un comportamento più legale di quello che ha tenuto il suo presidente del Consiglio?”
No, quindi si ferma qua e capisce che ha trovato il posto giusto.

Marco Travaglio.

20 febbraio 2009

Opinioni su SanRemo.


Il successo degli ascolti e il massacro della critica. L'entusiasmo del pubblico in sala e le qualità oscene delle voci. Il carisma di Bonolis e le musichette da zecchino d'oro. Tutto questo in un Sanremo 2009 che sarà ricordato per le sue contraddizioni. Bisogna chiedersi il perchè, comunque, di tale successo viste queste note dolenti; sicuramente la presenza di tanti ospiti, di tanta ironia, di tanto coinvolgimento popolare, di un presentatore tanto elegante quanto "scalmanato" (in senso buono)... mmm... tanti ospiti.. si balla si canta... Sarà mica Buona Domenica?

Credo che un festival debba rimanere tale e non diventare uno spettacolo di varietà, pur sempre incentrato sulla musica. Gia perchè alla fine credo che la buona riuscita sia dovuta solamente ed eccezionalmente a due fattori. Il primo è che Bonolis ha proprio tirato tutta la musica italiana sul palco, un pò ignorando la caratteristica competitiva di Sanremo e mettendo proprio in secondo piano soprattutto i giovani. E' quanto mai logico che se fai cantare tre quarti dei grandi cantanti Italiani ognuno si ascolta il suo idolo e gli ascolti salgono; ma il festival in quanto competizione si spegne. Il secondo dei fattori è proprio l'atteggiamento del varietà imposto/proposto dalla regia e dalla conduzione di Paolo Bonolis, con l'aiuto assolutamente complementare di Luca Laurenti.

Ma il festival dov'è? In mezzo a questa baraonda io ricordo tutto tranne i cantanti in gara. Ricordo a mala pena una Patty Pravo totalmente stonata (e non solo nella prima serata come si dice), un Povia provocatore che ha imparato come si diventa famosi in TV (cosa che è degna di uno del Grande Fratello non certo di un'artista; risultava molto più degna la canzone della Tatangelo dell'anno scorso), dei giovani senza personalità (con qualche eccezione già conosciuta in altri programmi della De Filippi).. insomma c'era pur gente che si voleva guardare una gara di canto e non una sviolinata di un secolo di storia musicale con una canzone stonata in competizione ogni tanto.
Credo che ci sia stato da divertirsi lo stesso, non lo metto in dubbio; tra gli scatch che sanno molto di pubblicità oscura al caffè Lavazza e un Benigni del tutto apprezzabile la sera, lo show è comunque stato assicurato. Spero che nelle ultime serate si ritorni ad un modello di competizione più classico, anche se ci sarà da tapparsi nuovamente le orecchie.

19 febbraio 2009

Anche gli stupri caricati a pallettoni in tv. Cosa c'è di vero?

Ok, analizziamo i messaggi che ci provengono dalla tv per ora, e senza soffermarci sui significati di ciò (ne abbiamo più volte parlato e continueremo a farlo circa l'assordante artiglieria dell'informazione atta a farvi pensare ciò che "loro" vogliono che voi pensiate) pensiamo a cosa ci sia di reale, cosa di immaginario, di amplificato e di non detto. Così apriamo la nostra scatoletta luminosa sempre più sottile e scopriamo che, come qualche tempo fà erano tutti spiati dalle intercettazioni, oggi tutte le donne potrebbero essere stuprate con una tale facilità e con una tale frequenza da un extracomunitario che è meglio starsi a casa e pregare che qualcuno istituisca il coprifuoco, le ronde e magari la legge marziale. Parallelamente via con le campagne pubblicitarie per scuole di difesa personale (però attenti, solo la boxe, si guadagna di più), spray al peperoncino e chi più ne ha più ne metta. Chissà quanto tempo passerà prima che partano le denuncie di cittadini che si sono accecati solo per aver chiesto l'orario.. ironico ma non aspetto altro. La paura fa diventare presto stupidi; è vero, buona parte della popolazione non ha bisogno della paura per esserlo ma fa sempre bene amplificare i nostri peggiori difetti per lucrarci sopra e spostare attenzioni dalle vere cause della nostra precarietà sociale.

Ma veniamo a noi. Cosa ci sta di vero in questo continuo annuncio di violenze alle donne ad opera di clandestini? Uno si immagina che, se ce ne sono ogni giorno due o tre sparati su Mediashopping (StudioAperto) chissà quante decine se non centinaia ce ne stanno. "Schifosi extracomunitari, non gli piacciono le ragazze delle loro terre e vengono da noi". Bene, la situazione credo sia un pò diversa e non serve fare chissà quali salti mortali per avere una corretta informazione. Riporto un estratto elaborato da un mio amico ma che potete facilmente ritrovare nelle ricerche dell'istat.

"I partner sono responsabili della maggioranza degli stupri. Il 21% delle vittime ha subito la violenza sia in famiglia che fuori, il 22,6% solo dal partner, il 56,4% solo da altri uomini non partner. I partner sono responsabili della quota più elevata di tutte le forme di violenza fisica rilevate. Essi sono responsabili in misura maggiore anche di alcuni tipi di violenza sessuale come lo stupro nonché i rapporti sessuali non desiderati, ma subiti per paura delle conseguenze. Il 69,7% degli stupri, infatti, è opera di partner, il 17,4% di un conoscente. Solo il 6,2% è stato opera di estranei. Il rischio di subire uno stupro piuttosto che un tentativo di stupro è tanto più elevato quanto più è stretta la relazione tra autore e vittima. Gli sconosciuti commettono soprattutto molestie fisiche sessuali, seguiti da conoscenti, colleghi ed amici. Gli sconosciuti commettono stupri solo nello 0,9% dei casi e tentati stupri nel 3,6% contro, rispettivamente l’11,4% e il 9,1% dei partner."


Di sicuro nessun servizio in televisione ci ha dato questa idea, del tutto ridimensionata rispetto alla crisi di violenza sulle donne che ci rifilano; o almeno nella maniera ignobile con la quale ce la presentano. Ovviamente si vuole concentrare l'attenzione sugli extracomunitari. Sia chiaro qui nessuno vuole giustificare tali atti, anzi, si vorrebbe condannarli in maniera più critica, facendo anche autocritica. Infatti, contando la quota degli stupri su estranei, il 6,2%, è logico come solo una parte di essi sia extracomunitaria, e un'altra parte sia di cittadini italiani, delinquenti allo stesso modo. E' chiaro come un tasso così basso rispetto agli stupri ad opera di partner Italiani non può essere gonfiata erroneamente con questo solito spettacolare teatrino mediatico. Così, capiamo come questa campagna sia l'ennesima per impaurirvi, per farvi sentire soli in un primo momento, e molto aiutati dal governo dopo. Come un medico che vi prescrive un miracoloso farmaco per una malattia tanto grave quanto banale o inesistente (pensiamo anche alle intercettazioni) e vi fa guarire senza che voi vi siate mai ammalati.

Ora, il reato di Stupro è uno dei più violenti e sporchi, e il problema esiste. Ma come per tutti gli altri reati (compresi quelli per corruzione giudiziaria di avvocati inglesi) la ricetta non può essere un placebo. Solo due farmaci li possono curare: il controllo del territorio, della finanza pubblica e del malaffare privato (si pensi al mercato della droga, della prostituzione e del turismo sessuale) e una educazione non fondata su strumentalizzazioni politiche ma su veri valori. Non è difficile e neanche facile perseguire questi obiettivi, se solo lo si volesse fare. Invece oggi il controllo del territorio si scambia per ronde che al più potrebbero essere furor di popolo in spedizione punitiva e l'educazione passa per la paura verso l'altro, verso il diverso da una parte, e l'estremo garantismo di alcuni dall'altra. Qualcuno ogni tanto si dovrebbe ricordare di come alcuni Italiani ci stanno stuprando il cervello, oltre che le donne.

18 febbraio 2009

AAA Corruttore cercasi.



"Uomo Inglese di bell'aspetto, elegante, disponibile e corrotto cerca corruttore. Possibilmente giovanile, caparbio e carismatico; di forti ideali illiberali e pronto a difendersi con tutto il potere possibile (bancario, mediatico ed esecutivo) dai comunisti che si mangiano i bambini. Determinato nel considerare l'esistenza in Italia di una crisi di illegalità diffusa di cui certamente vuole anche lui essere partecipe, poichè si richiede anche estremo dominio di ogni aspetto della vita reale. Meglio ancora se questa volta avesse le armi per proteggere non solo lui ma anche me dalla magistratura affiliata alle brigate rosse. Offro buone potenzialità di portavoce, testimone e perchè nò anche responsabilità di tipo legislativo nelle prossime leggi vergogna (dotato anche di capacità collaborative con chi questi ruoli li gestisce già). Il tutto a prezzi di mercato, salvo che il mio commercialista di fiducia abbia qualcosa da ridire. Salvatemi vi prego, come vi siete salvati voi."




E' ufficiale. Qualcuno ha corrotto un'uomo per testimoniare a favore di Silvio Berlusconi. Gli indagati sono David Mills e Silvio Berlusconi. Il primo è stato condannato, il secondo è stato eletto. Il primo farà ricorso (è "solo" il primo grado), il secondo è stato stralciato dal processo perchè più uguale degli altri. Il primo è stato intervistato e si è difeso anche davanti ai giornalisti, mentre il secondo esultava per la contemporanea vittoria in Sardegna senza scomporsi. Il primo almeno soggiace alle regole della democrazia, il secondo le scansa ogni volta che può, convincendovi che il vostro voto sarebbe un mandato del divino. Così, mentre il primo sarà impegnato a salvarsi faccia e libertà come è giusto che sia, e mentre in USA il popolo sovrano è impegnato a far dimettere in tronco i ministri e governatori che hanno problemini col fisco, noi ci sentiamo AUTORIZZATI dall'alto a fare come il secondo, perchè se lo può fare lui, la nostra costituzione ci dice che siamo tutti uguali... no? Così mentre molti lo prendono d'esempio, l'Italia perde la faccia, ancora una volta. Certo, solo sui giornali stranieri. Qui vige l'omertà di Stato di cui parleremo, si spera prima che il dado sia tratto.



17 febbraio 2009

Passaparola n°35. La legge della Cosca.


Video

Tanto per mantenersi il sangue amaro, Buona visione.

16 febbraio 2009

La storia che scompare.


Video

C'è un filo conduttore in tutto. Ogni uomo persegue sempre il proprio interesse individuale. Se l'interesse individuale non collima con quello collettivo fallisce ogni ordine etico ed economico. Sono regolucce da quattro soldi che si studiano a scuola e all'università. La maggioranza ha un interesse e lo spaccia per collettivo, beh credo lo sia veramente. In effetti il vero interesse è di un uomo e la sua elite di amici, ma diventa collettivo quando si trasforma in ricatto, scambio, presunzione di potere. L'interesse è collettivo ma non è unitario: uno fa il divino perchè investito dal Dio Popolo (che è stato a sua volta ipnotizzato); gli altri fanno gli uomini del dialogo e del sì perchè i loro interessi sono altri ma col divino è sempre meglio schierarsi. Come dice s.Agostino, "la Fede è una scommessa su cui è sempre meglio puntare".

Tutto ciò ha qualcosa di vecchio, di superato, di arcaico. E chi stà li lo sa bene. Solo che tutto ciò che è vecchio e superato si critica e denuncia in base a dei riferimenti storici, alla conoscenza di noi, delle origini e del sangue versato. Così si denuncia la shoah perchè ne sappiamo qualcosa, si denuncia la "Casta" perchè siamo a conoscenza di Mani Pulite. Si denunciano le banche corrotte perchè L'informazione nel mondo è ancora un potere influente di controllo democratico. Nel mondo...

Senza informazione quindi la storia chi la scrive?
C'è un filo conduttore in tutto. Nella riforma sulla giustizia, nel protezionismo oligopolista sul digitale terrestre, nella regolamentazione di internet, negli emendamenti alla sicurezza (divieto di sciopero relativo), nella legge sulle intercettazioni. Via il diritto di cronaca giudiziaria, via il diritto di opinione libera sula rete e per strada, via il diritto di una pluralità di voci, che lasciano la libertà all'intelletto di ragionare e schierarsi, oppure no. Via la concorrenza, perchè la meritocrazia in realtà ad alcuni fa paura. Via il sapere e il consiglio, via la critica, Via i nomi, le date, le circostanze. Via le menti, che vengono ipnotizzate al pensiero unico, che nella sua unicità risulta anche un pò coerente, se non fosse che si basa sul puro relativismo dei fenomeni reali che, presi e sparati col megafono e col trapano nelle nostre orecchie, fanno da pretesto alle azioni dei "divini eletti dal popolo divino" che prendono lo stesso dai capelli e gli dicono "qui la festa è finita, peggio per te che c'hai creduto".. e il popolo continua nonostante ciò a non capire.

Via i modelli veri, via l'opinione pubblica convinta, via la denuncia specifica. Via la Storia. Così il governo si trasforma in una religione autocratica. Credere o non credere, Servire o andare all'inferno, insieme ai giudici non corrotti, alle vittime della mafia, al giornalisti "normali" che tutto sono tranne che idoli. Solo che nelle religioni hai la libertà di conservare la dignità in qualunque delle tue scelte, qui invece soccombi sotto i tuoi stessi pari che, ormai deviati dai megafoni, fanno "voto innato" di obbedienza mentale. Un "Matrix" dove non ti controllano le macchine ma l'uomo stesso. Tu pensi di vivere, "loro" (plurale maestatis) ti spremono energia e soldi. E la loro Bibbia (la storia vera) tu non la potrai leggere. Te la interpretano loro e te la iniettano sul digitale terrestre.

15 febbraio 2009

Istigazione a delinquere sul web, parte 2


Video

Pubblico questo video per far capire a chi accusa ogni volta di eccesso di critica verso le diatribe politiche di cui spesso non si conoscono le "intenzioni", il perchè si estremizzano le opinioni con parole dure. Qui spesso non si sono criticate le intenzioni (molte volte visti i personaggi delle istituzioni si, e anche con immenso piacere e libertà) ma, come fatto dal blog, è opportuno non solo chiedersi quali siano le intenzioni, ma se veramente chi ci governa stia sulla terra o su un altro pianeta o se sia rimasto in un'altra epoca. Questa intervista dimostra come l'ignoranza di certa gente possa intaccare delle risorse di sviluppo e democrazia per dei fini che magari hanno il loro senso, ma sono, per così dire, non paragonabili al malus che ne proviene. Insomma, "il fine non giustifica i mezzi" se, ad esempio, per salvare parte di una nazione sgancio una bomba atomica su un'altra nazione, non potrei certo dire che è perchè quella nazione "non si è arresa in tempo". Così per salvare la dignità delle vittime della mafia (secondo me comunque solo un pretesto strumentalizzante) non si può censurare la democrazia online come se fosse poca cosa.

Si perchè quella online è veramente democrazia, e ha i suoi limiti come ogni democrazia. Come sempre per reagire a questi limiti l'Italia non sa fare altro che mettere in campo strumenti totalizzanti e assoluti che ricordano vecchi e brutti tempi passati. Vale per internet e per i nuovi usi e costumi il detto "per un peccatore si perde una nave"? Perchè a questo punto chissà quanto revisionismo storico si potrebbe fare.

Vorrei ricordare che il libero pensiero e la libera comunicazione di idee (anche non condivisibili) non è mai stata una minaccia; ne è stata solo concausa nel momento che la paura verso il pensiero libero ha trasformato pensieri in divisioni, parole in atti indegni e libertà in "gentili concessioni". In questo modo si determina, consecutivamente, l'istigazione a delinquere, e la si giustifica quasi. Libertà e ordine non sono due termini in dissonanza, sempre che non si interpreti "l'ordine" in alcune, estreme e lancinanti versioni. E ora di capire cosa i nostri governanti hanno in mente quando pensano alla parola "Ordine".

P.S. Le vittime della mafia consoliamole e gratifichiamole in altro modo.. C'è stata una manifestazione dove solo i forcaioli giustizialisti erano presenti.. e quelli che si dicono popolo della libertà dov'erano? Sicuramente impegnati nelle prossime leggi.. incrociamo le dita..

11 febbraio 2009

Il veleno nichilista che anima il regime.


(da Repubblica.it) Viviamo un momento politico-costituzionale certamente particolare. Questo non è in discussione, sia presso i fautori, sia presso i detrattori del regime attuale. Non sarà fuori luogo precisare che, in questo contesto, la parola regime vale semplicemente a dire - secondo il significato neutro per cui si parla di regime liberale, democratico, autoritario, parlamentare, presidenziale, eccetera - "modo di reggimento politico" e non ha alcun significato valutativo, come ha invece quando ci si chiede, con intenti denigratori espliciti o impliciti, se in Italia c'è "il regime". Ma che tipo di regime? Questa è la domanda davvero interessante.

Alla certezza - viviamo in "un" regime che ha suoi caratteri particolari - non si accompagna però una definizione che dia risposta a quella domanda. Sfugge il carattere fondamentale, il "principio" o (secondo l'immagine di Montesquieu) il ressort, molla o energia spirituale che lo fa vivere secondo la sua essenza. Un concetto semplice, una definizione illuminante, una parola penetrante, sarebbero invece importanti per afferrarne l'intima natura e per prendere posizione.

Le definizioni, per la verità, non mancano, spesso fantasiose e suggestive. Anzi sovrabbondano, a dimostrazione che, forse, nessuna arriva al nocciolo, ma tutte gli girano intorno: autocrazia; signoria moderna; egoarchia; governo padronale o aziendale; dominio mediatico; grande seduzione; regime dell'unto del Signore; populismo o unzione del popolo; videocrazia; plutocrazia, governo demoscopico. Si potrebbe andare avanti. Si noterà che queste espressioni, a parte genericità ed esagerazioni, colgono (se li colgono) aspetti parziali e, soprattutto, sono legate a caratteri e proprietà personali di chi il regime attuale ha incarnato e tuttora incarna.

Ed è una visione riduttiva, come se si trattasse soltanto di un affare di persone; come se, cambiando le persone, potesse cambiare d'un tratto e del tutto la trama della politica. Invece, prassi, mentalità e costumi nuovi si sono introdotti partendo da lontano; sistemi di potere e metodi di governo sono stati istituiti. Un regime non nasce di colpo, va consolidandosi e forse andrà lontano. È un'illusione pensare che ciò che è stato ed è possa poi passare senza lasciare l'orma del suo piede. La questione che ci interroga è quella di cogliere con un concetto essenziale, comprensivo ed esplicativo di ciò che di oggettivo è venuto a stabilizzarsi e a sedimentare nella vita pubblica e che opera e opererà in noi, attorno a noi e, forse, contro di noi. Se, parlando di regime oggi, è inevitabile che il pensiero corra a ciò che si denomina genericamente "berlusconismo", dobbiamo tenere presente che qui non si tratta di vizi o virtù personali ma di una concezione generale del potere che si irraggia più in là.

Colpisce che tutti i tentativi per arrivare a cogliere un'essenza - giusti o sbagliati che siano - si fermino comunque ai mezzi: denaro, televisione, blandizie e minacce, corruzione, seduzione, confusione del pubblico nel privato e viceversa, impunità, sondaggi, eccetera. Ma tutto ciò in vista di quale fine? Proprio il fine dovrebbe essere ciò che qualifica l'essenza di un regime politico, ciò che gli dà senso e ne rende comprensibile la natura. Se non c'è un fine, è puro potere, potere per il potere, tautologia. Ma qui il fine, distinto dai mezzi, è introvabile.

A meno di credere a parole d'ordine tanto generiche da non significare nulla o da poter significare qualunque cosa - libertà, identità nazionale, difesa dell'Occidente, innovazione, sviluppo, o altre cose di questo genere - il fine non si vede affatto, forse perché non c'è. O, più precisamente, il fine c'è ma coincide con i mezzi: è proteggere e potenziare i mezzi. Una constatazione davvero sbalorditiva: un'aberrazione contro-natura, una volta che la politica sia intesa come rapporto tra mezzi e fini, rapporto necessario affinché il governo delle società sia dotato di senso e il potere e la sua pretesa d'essere riconosciuto come legittimo possano giustificarsi su qualcosa di diverso dallo stesso puro potere.

A parte forse l'autore della massima "il potere logora chi non ce l'ha", nessuno, nemmeno il Principe machiavelliano, ha mai attribuito al potere un valore in sé e per sé stesso. "Il fine giustifica i mezzi" è uno dei motti del machiavellismo politico; ma che succede se "i mezzi giustificano i mezzi"? È la crisi della ragion politica, o della politica tout court. È il trionfo della "ragione strumentale" nella politica.

Siamo di fronte a qualcosa di incomprensibile, inafferrabile, incontrollabile, qualcosa all'occorrenza capace di tutto, come in effetti vediamo accadere sotto i nostri occhi: un giorno dialogo, un altro scomuniche; un giorno benevolenza, un altro minacce; un giorno legalità, un altro illegalità; ciò che è detto un giorno è contraddetto il giorno dopo. La coerenza non riguarda i fini ma i mezzi, cioè i mezzi come fini: si tratta di operare, non importa come e con quale coerenza, allo scopo di incrementare risorse, influenza, consenso.

Il politico adatto a questa corruzione della vita pubblica è l'uomo senza passato e senza radici, che sa spiegare le vele al vento del momento; oppure l'uomo che crede di avere un passato da dimenticare, anzi da rinnegare, per presentarsi anch'egli come uomo nuovo. È colui che proclama la fine delle distinzioni che obbligherebbero a stare o di qua o di là.

Così, si può fingere di essere contemporaneamente di destra e di sinistra o di stare in un "centro" senza contorni; si può avere un'idea, ma anche un'altra contraria; ci si può presentare come imprenditori e operai; si può essere atei o agnostici ma dire che, comunque, "si è alla ricerca"; si può dare esempio pubblico della più ampia libertà nei rapporti sessuali e farsi paladini della famiglia fondata sul santo matrimonio; si può essere amico del nemico del proprio amico, eccetera, eccetera. Insomma: il "politico" di successo, in questo regime, è il profittatore, è l'uomo "di circostanza" in ogni senso dell'espressione, è colui che "crede" in tutto e nel suo contrario.

Questo tipo di politico conosce un solo criterio di legittimità del suo potere, lo stare a galla ed espandere la sua influenza. Il suo fallimento non sta nella mancata realizzazione di un qualche progetto politico. Se egli vive di potere che cresce, anche una piccola battuta d'arresto può essere l'inizio della sua fine. Non sarà più creduto. Per questo ogni indecisione, obbiettivo mancato o fallimento deve essere nascosto o mascherato e propagandato come un successo.

La corruzione e la mistificazione della dura realtà dei fatti e della loro verità è nell'essenza di questo regime. Il rapporto col mondo esterno corre il rischio di essere "disturbato". L'uomo di potere, di questo tipo di potere, non vede di fronte a sé alcuna natura esterna, poiché diventa ai suoi occhi egli stesso natura (naturalmente, lo si sarà compreso, si sta parlando di "tipo ideale", cioè di un modello che, nella sua perfezione, esiste solo in teoria).

Abbiamo iniziato queste considerazioni col proposito di cercare una definizione che, in una parola, condensi tutto questo. L'abbiamo trovata? Forse sì. Non ci voleva tanto: nichilismo, inteso come trasformazione dei fatti e delle idee in nulla, scetticismo circa tutto ciò che supera l'ambito (sia esso pure un ambito smisurato) del proprio interesse. Chi conosce la storia di questo concetto sa di quale veleno, potenzialmente totalitario, esso abbia mostrato d'essere intriso. Ciò che, invece, si fa fatica a comprendere è come chi tuona tutti i giorni contro il famigerato "relativismo" non abbia nessun ritegno, addirittura, a tendergli la mano.

GUSTAVO ZAGREBELSKY su "Repubblica.it"



------------------------

Ma che bello questo articolo..

10 febbraio 2009

Passaparola n°34. La terza repubblica di Berlusconi


Video

Nel frattempo Eluana è morta. Beh sinceramente sono cinicamente stufo di parlarne, e su alcune cose avrei da ridire con Travaglio questa volta. Ma l'importanza dell'intervento ricade sul tema politico, e a quello vi suggerisco di far riferimento. Buona visione.

9 febbraio 2009

Viaggio di sola andata per la Cina, prossima fermata Mosca.


  • "Non mi lasciate fare quello che voglio.. e io rifaccio la Costituzione"
  • "mai detto che la costituzione sia da rifare, solo è modificabile, poichè è figlia di sacche di comunismo di stampo societico"
  • "non voglio rinunciare ai decreti legge e il capo dello stato non può impedirmi di servirmene"
  • "introdotta l'apologia di reato sul web (anche per reati d'opinione..), prevista censura coatta a carico degli ISP"
  • "vietata qualunque manifestazione in prossimità di luoghi di culto (la quasi totalità delle piazze italiane)"
  • "carcere obligatorio per gli stupratori, e intercettazioni fortemente limitate per il reato di stupro, spaccio, sequestro, rapina. (e tanti altri)"
  • "tassa per tutti gli immigrati (chi viene in Italia è già disperato di suo chissà dove trova i soldi per la tassa se non rubando a noi) e obbligo di denuncia ad opera dei medici delle irregolarità" (un giorno magari i preti dovranno denunciare gli elemosinanti fuori dalle Chiese).
  • "disegno di legge per estendere l'immunità per ogni reato extrafunzionale a tutti i parlamentari"

...Siamo il Popolo della libertà... shhhh!!..

---------------------------------------

Rompiamo il silenzio

“Il cammino della democrazia non è un cammino facile. Per questo bisogna essere continuamente vigilanti, non rassegnarsi al peggio, ma neppure abbandonarsi ad una tranquilla fiducia nelle sorti fatalmente progressive dell’umanità… La differenza tra la mia generazione e quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti. Noi siamo, dobbiamo essere, democratici sempre in allarme”.
Norberto Bobbio

(Eugenio Scalfari - Repubblica)Rompiamo il silenzio

Mai come ora è giustificato l’allarme. Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell’uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti. Quando i legami sociali sono messi a rischio, non stupiscono le idee secessioniste, le pulsioni razziste e xenofobe, la volgarità, l’arroganza e la violenza nei rapporti tra gli individui e i gruppi. Preoccupa soprattutto l’accettazione passiva che penetra nella cultura. Una nuova incipiente legittimità è all’opera per avvilire quella costituzionale. Non sono difetti o deviazioni occasionali, ma segni premonitori su cui si cerca di stendere un velo di silenzio, un velo che forse un giorno sarà sollevato e mostrerà che cosa nasconde, ma sarà troppo tardi.

Non vedere è non voler vedere. Non conosciamo gli esiti, ma avvertiamo che la democrazia è in bilico.

Pochi Paesi al mondo affrontano l’attuale crisi economica e sociale in un decadimento etico e istituzionale così esteso e avanzato, con regole deboli e contestate, punti di riferimento comuni cancellati e gruppi dirigenti inadeguati. La democrazia non si è mai giovata di crisi come quella attuale. Questa può sì essere occasione di riflessione e rinnovamento, ma può anche essere facilmente il terreno di coltura della demagogia, ciò da cui il nostro Paese, particolarmente, non è immune.

La demagogia è il rovesciamento del rapporto democratico tra governanti e governati. La sua massima è: il potere scende dall’alto e il consenso si fa salire dal basso. ll primo suo segnale è la caduta di rappresentatività del Parlamento. Regole elettorali artificiose, pensate più nell’interesse dei partiti che dei cittadini, l’assenza di strumenti di scelta delle candidature (elezioni primarie) e dei candidati (preferenze) capovolgono la rappresentanza. L’investitura da parte di monarchie o oligarchie di partito si mette al posto dell’elezione. La selezione della classe politica diventa una cooptazione chiusa. L’esautoramento del Parlamento da parte del governo, dove siedono monarchi e oligarchi di partito, è una conseguenza, di cui i decreti-legge e le questioni di fiducia a ripetizione sono a loro volta conseguenza.

La separazione dei poteri è fondamento di ogni regime che teme il dispotismo, ma la demagogia le è nemica, perché per essa il potere deve scorrere senza limiti dall’alto al basso. Così, l’autonomia della funzione giudiziaria è minacciata; così il presidenzialismo all’italiana, cioè senza contrappesi e controlli, è oggetto di desiderio.

Ci sono però altre separazioni, anche più importanti, che sono travolte: tra politica, economia, cultura, e informazione; tra pubblico e privato; tra Stato e Chiesa. L’intreccio tra questi fattori della vita collettiva, da cui nascono collusioni e concentrazioni di potere, spesso invisibili e sempre inconfessabili, è la vera, grande anomalia del nostro Paese. Economia, politica, informazione, cultura, religione si alimentano reciprocamente: crescono, si compromettono e si corrompono l’una con l’altra. I grandi temi delle incompatibilità, dei conflitti d’interesse, dell’etica pubblica, della laicità riguardano queste separazioni di potere e sono tanto meno presenti nell’agenda politica quanto più se ne parla a vanvera.

Soprattutto, il risultato che ci sta dinnanzi spaventoso è un regime chiuso di oligarchie rapaci, che succhia dall’alto, impone disuguaglianza, vuole avere a che fare con clienti-consumatori ignari o imboniti, respinge chi, per difendere la propria dignità, non vuole asservirsi, mortifica le energie fresche e allontana i migliori. È materia di giustizia, ma anche di declino del nostro Paese, tutto intero.

Guardiamo la realtà, per quanto preoccupante sia. Rivendichiamo i nostri diritti di cittadini. Consideriamo ogni giorno un punto d’inizio, invece che un punto d’arrivo. Cioè: sconfiggiamo la rassegnazione e cerchiamo di dare esiti allo sdegno.

* * *

Che cosa possiamo fare dunque noi, soci e amici di Libertà e Giustizia? Possiamo far crescere le nostre forze per unirle alle intelligenze, alle culture e alle energie di coloro che rendono vivo il nostro Paese e, per amor di sé e dei propri figli, non si rassegnano al suo declino. Con questi obiettivi primari.

Innanzitutto, contrastare le proposte di stravolgimento della Costituzione, come il presidenzialismo e l’attrazione della giurisdizione nella sfera d’influenza dell’esecutivo. Nelle condizioni politiche attuali del nostro Paese, esse sarebbero non strumenti di efficienza della democrazia ma espressione e consolidamento di oligarchie demagogiche.

Difendere la legalità contro il lassismo e la corruzione, chiedendo ai partiti che aspirano a rappresentarci di non tollerare al proprio interno faccendieri e corrotti, ancorché portatori di voti. Non usare le candidature nelle elezioni come risorse improprie per risolvere problemi interni, per ripescare personaggi, per pagare conti, per cedere a ricatti. Promuovere, anche così, l’obbligatorio ricambio della classe dirigente.

Non lasciar morire il tema delle incompatibilità e dei conflitti d’interesse, un tema cruciale, che non si può ridurre ad argomento della polemica politica contingente, un tema che destra e sinistra hanno lasciato cadere. Riaffermare la linea di confine, cioè la laicità senza aggettivi, nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica, indipendenti e sovrani “ciascuno nel proprio ordine”, non appartenendo la legislazione civile, se non negli stati teocratici, all’ordine della Chiesa.

Promuovere la cultura politica, il pensiero critico, una rete di relazioni tra persone ugualmente interessate alla convivenza civile e all’attività politica, nel segno dei valori costituzionali.

Sono obiettivi ambiziosi ma non irrealistici se la voce collettiva di Libertà e Giustizia potrà pesare e farsi ascoltare. Per questo chiediamo la tua adesione.


Firma l'appello: Repubblica

6 febbraio 2009

Il Popolo delle libertà "filtrate".


Arriva il reato telematico di "istigazione a delinquere". Telematicamente naturalmente si fa tramite la parola. L'istigazione a delinquere è un pò come quando "Mister B" sottobanco tramite le sue televisioni incorraggiava i cittadini a non pagare le tasse perchè prodi le aveva alzate troppo. Si insomma una cosa del genere. Magari qualcuno continuerà con queste frasi perchè può farlo, ma una nuova legge può fermare gente come Beppe Grillo, molti giornalisti e tutti i blogger che, più che altro a scopo provocatorio e critico, si pronunciano su delle questioni delicate. C'è comunque una grossa differenza tra Apologia di reato e istigazione a delinquere, ma ancora una volta, in Italia si fa di tutta l'erba un "Fascio". Di questi tempi insomma non si deve solo rispettare le leggi, ma anche essere per forza d'accordo sulla loro giustizia. Almeno davanti all'opinione pubblica.




Italia, libertà filtrate?


(punto informatico) Roma - La sicurezza pubblica passa dalla rete: in caso di apologia di reato, in caso di istigazione a delinquere, i provider potrebbero trovarsi costretti a innescare misure per filtrare le pagine sotto indagine. Dietro l'angolo, in caso di inottemperanza, c'è la minaccia della corresponsabilità. Nelle mani dei provider ci potrebbe essere l'onere di percorrere il crinale che divide la libertà di espressione e il reato di opinione.

La disposizione che potrebbe costringere i provider a filtrare le sortite dei cittadini della rete è contenuta nel pacchetto sicurezza, il noto disegno di legge 733: sotto forma di un emendamento incastonato nel testo dal senatore Gianpiero D'Alia (UDC), si introduce nel DDL l'articolo 50-bis, "Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet". Il Senato ha approvato ieri il testo definitivo, testo che ora rimbalzerà alla Camera.

Al comma 1 si recita:

Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.

Se le parole di un cittadino della rete dovessero finire sotto indagine per essersi pronunciato riguardo a certi delitti, se il cittadino della rete dovesse essere sospettato di aver incoraggiato a commettere un reato, l'autorità giudiziaria potrebbe comunicare al Ministro dell'Interno la necessità di intervenire. "Ci sono i presupposti perché il ministro agisca in modo discrezionale" spiega l'avvocato Daniele Minotti, contattato da Punto Informatico: la formulazione del testo non sembra obbligare il Ministro a disporre il decreto per mettere in moto i provider.
Ma una volta emesso il decreto la palla passerà agli ISP: dovranno innescare "appositi strumenti di filtraggio", dei quali tracceranno i contorni tecnici e tecnologici il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con quello della pubblica amministrazione e innovazione. Avranno 24 ore per isolare dalla rete la pagina indicata dal decreto del Ministro: a pendere sul capo del provider potrebbero esserci sanzioni che oscillano dai 50mila ai 250mila euro. Ma soprattutto, sottolinea l'avvocato Minotti, l'ombra dell'accusa di essere corresponsabili di "apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet". "Rischiano di essere accusati di concorso - spiega Minotti - si tratta di un meccanismo perverso: avere l'obbligo giuridico di impedire un evento e sfuggire a quest'obbligo equivale a lasciare che altri continuino a compiere il reato e si finisce per dover rispondere di reato omissivo improprio. Pagando per la stessa imputazione". Un'imputazione che, delineata dagli artt. 414 e 414 c.p., è punita con il carcere: da 1 a 5 anni per l'istigazione a delinquere e per l'apologia di reato, da 6 mesi a 5 anni per l'istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all'odio fra le classi sociali.

L'articolo 50-bis del DDL prevede in sostanza che, in caso di indagini relative a delitti di apologia di reato e di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, in caso di decreto emesso dal Ministro i provider operino così come disposto per quanto riguarda pedopornografia e gambling. Fatta eccezione per ordinanze della magistratura come quella emessa nel caso delle sigarette vendute online o nel caso di The Pirate Bay, solo per gli abusi sui minori riversati online e solo per il gambling non autorizzato mediato dalla rete è possibile ordinare ai provider di operare il filtraggio. Le sanzioni che rischiano i provider che non procedono a rendere irraggiungibile la pagina sono le stesse di quelle previste dal decreto Gentiloni in materia di pedopornografia online: in entrambi i casi incombe sugli ISP un'ammenda da 50mila a 250mila euro, in entrambi i casi i provider potrebbero rischiare la corresponsabilità.

Le poche parole contenute nell'articolo 50-bis potrebbero aprire uno squarcio su uno scenario inquietante: l'avvocato Minotti sottolinea che i reati d'opinione sono reati che non sono inquadrati dalla legge in maniera definita, che potrebbero sovrapporsi con la manifestazione del pensiero dell'individuo, un diritto tutelato dall'articolo 21 della Costituzione. I provider, concordano i consumatori, potrebbero trovarsi ad agire come setacci della libera espressione: il filtraggio può essere ordinato qualora "sussistono concreti elementi che consentano di ritenere" che sia stato commesso un reato.

Sono numerosi gli interrogativi che si configurerebbero, qualora il DDL dovesse convertirsi in legge senza che l'art.50-bis venga stralciato. L'attenzione dell'autorità giudiziaria potrebbe concentrarsi ad esempio su un video postato su una piattaforma di sharing. Nell'ipotesi che la piattaforma non rimuova il contenuto su segnalazione, dovrebbero intervenire i provider. Che potrebbero non avere i mezzi per agire in maniera chirurgica, e potrebbero trovarsi costretti a inibire l'accesso all'intero dominio. "L'applicazione del DDL appena approvato - conferma a Punto Informatico l'avvocato Guido Scorza - porta come automatica conseguenza il ritorno del paese ad un film liberticida già visto 10 anni fa: quello in cui per impedire la circolazione di un contenuto ritenuto illecito si sequestrava un intero server".

Gli ISP, in attesa del testo consolidato del DDL, manifestano apprensioni e denunce. Assoprovider, che poche settimane fa si era espressa in materia, è netta: "Lo schema ormai collaudato - spiega a Punto Informatico il presidente Dino Bortolotto - è che se qualche reato viene commesso per mezzo di Internet allora è indispensabile un intervento legislativo speciale che contenga necessariamente un coinvolgimento dei provider (ovviamente italiani) nell'azione di repressione e dove le sanzioni per i provider che non ottemperano in tempi richiesti ovviamente non tengono in nessun conto né delle capacita operative ed economiche dei provider". "Come dire - affonda Bortolotto - che con la scusa di perseguire un fine nobile (perseguire un reato) si determinino delle misure che ledono significativamente la libertà d'impresa di chi non ha commesso alcun reato". Il presidente di Assoprovider scaglia una provocazione: "ad esempio per catturare tutti i latitanti perché non obbligare tutti gli esercizi pubblici ad effettuare l'identificazione dei frequentatori e ovviamente, in caso di mancata identificazione di un latitante, erogare una multa da 50mila a 250mila euro"?

"Se fosse vero - paventa invece il presidente di AIIP Paolo Nuti - ci troveremmo di fronte ad un provvedimento che sovverte, e non sarebbe la prima volta, il concetto di sequestro". "Anziché concentrare l'attenzione su chi utilizza Internet per compiere reati e rimuovere i contenuti illecitamente diffusi - spiega Nuti a Punto Informatico - ci si limiterebbe a nasconderne l'esistenza ad un'opinione pubblica giustamente allarmata, ma sostanzialmente inconsapevole della differenza che corre tra pull e push, tra internet e la televisione, tra censura e sequestro". "Se fosse vero - denuncia Nuti - il prossimo passo potrebbe essere il ripristino della censura, espressamente esclusa dall'articolo 15 della Costituzione, delle comunicazioni interpersonali".

Ma il senatore D'Alia, che pure in passato si è fatto promotore di altre misure di controllo della rete, si mostra soddisfatto dell'integrazione dell'emendamento. Un emendamento che fa seguito alle invettive scagliate contro coloro che su Facebook inneggino a capi mafiosi, a gruppi terroristici, alla violenza. D'Alia nei giorni scorsi aveva definito Facebook "un social network che si sta rendendo complice di ogni genere di nefandezza, cavalcando per puri motivi pubblicitari i più beceri istinti emulativi". Il senatore aveva promesso "la regolamentazione di un settore che somiglia sempre più a una giungla dove tutto è tollerato". Il primo passo verso la regolamentazione è stato compiuto: "In questo modo - ha commentato D'Alia nelle scorse ore - diamo concretezza alle nostre iniziative per ripulire la rete, e in particolare il social network Facebook, dagli emuli di Riina, Provenzano, delle BR, degli stupratori di Guidonia e di tutti gli altri cattivi esempi cui finora si è dato irresponsabilmente spazio".

"L'ICT - denuncia l'esperto Stefano Quintarelli sulle pagine di Punto Informatico - è un tema specialistico non così ampiamente noto ai parlamentari. Esiste la Fondazione Bordoni che è un thinktank in materia di TLC, che ha sempre lavorato per il ministero delle Comunicazioni." "È stata consultata? - si chiede Quintarelli - Non credo proprio che avrebbero espresso parere favorevole a un provvedimento come questo. E se non è stata consultata, sarebbe cosa buona e giusta farlo, per il futuro". "Internet è uno strumento di comunicazione - ammonisce Quintarelli - non un'arma di diffusione di massa".

Gaia Bottà
Da "Punto Informatico"

5 febbraio 2009


Video

4 febbraio 2009

Passaparola n°33. Intercettazioni impossibili e crimine libero.


Video

Non mi sento in dovere di aggiungere altro. Anche questa volta qualcuno non meglio identificato ha esaurito gli argomenti di cui potevo disporre. Buona visione.

3 febbraio 2009

La storia non insegna un bel niente.


Video

Vi hanno parlato di Mafia ultimamente? ovviamente no. Eppure come alcuni sanno c'è stata una manifestazione con presenze importanti a Roma, il 28 gennaio. Una manifestazione proprio contro la Mafia. Vi chiederete come mai una bella cosa come questa non susciti l'attenzione dei Media e delle istituzioni tutte, che tanto sanno parlare di lotta all'illegalità e alla mafia. Come, neanche il premier sà limitare le "mostruose" intercettazioni contro la mafia (delle intercettazioni ne parleremo..). Eppure sono sicuro che nessuno sa di un bel momento di ritrovo contro i mali politico-economici di questo paese che sfociano nell'odio e nella violenza, nell'oppressione e nell'insubordinazione di intere vite, tramite pizzo, ricatto, morte o nella migliore delle ipotesi omertà, quella che fa andare avanti la maggior parte della gente perchè "tiene famiglia..".

La mafia non è solo questo. La mafia è anche lavare il cervello alla gente, facendogli sapere solo ciò che devono sapere, contorcendogli le menti verso l'idolatria e il consenso che portano al potere. E questo lavagglio spesso si lava la bocca con bei valori e lotte leggittime, come quella alla Mafia stessa. E' un pò come una multinazionale di pesca commerciale che si dichiara a favore della conversione della maggior parte dei pesci in specie protette.

Così quando capita una bella cosa come una manifestazione popolare, che comincia a dire seriamente pane al pane e vino al vino, dovrebbe esserci un elogio, una sviolinata generale (come normalmente avviene per futili cose tanto per sottolineare al più non posso che l'Italia è un grande Paese democratico).. e invece non avvinee. Invece nessuno sà. Si perchè il 28 gennaio a Roma l'unica cosa che è successa è che Di Pietro ha accusato e insultato pesantemente il capo dello Stato. Tutto è stato riportato sui media, tutte le dichiarazioni dei partiti, le indignazioni delle istituzioni tutte, ma.. scusate ma le parole di Di Pietro? Neanche si sono sentite. Sono state riportate (ma solo in alcuni telegiornali e solo per bocca dei giornalisti) solo una frase "il silenzio è mafioso". Si è vero che sono parole pesanti ed è vero che il leader IDV le ha dette e prima parlava di Napolitano.. il riferimento è chiaro. Ma nessuno ha fatto sentire chessò, un solo minuto dell'intervento in questione; sono sicuro che avrebbe convinto molta parte dell'opinione pubblica che in realtà il fine era ben diverso, e non è andato oltre la critica, che mi dicono si possa fare in uno stato democratico. Ogni giorno qualcuno dice che i giudici sono tutti comunisti e dovrebbero sparire dalla faccia della terra, non mi spiego perchè non si possano dire altre cose, forse più sensate e meno puerili.

Invito quanti vogliano capire cosa ha realmente detto Di Pietro a cercarsi il video su youtube, io voglio fare di meglio. Il video che ho riportato è quanto in realtà un tg serio avrebbe dovuto fare emergere, perchè del resto nulla si è detto, impegnata l'informazione a farsi comandare contro chi e cosa deve riferire e cosa deve censurare. Sfido tutti a sentire le parole di Salvatore Borsellino e dirmi se sono più importanti della rubrica "cotto e mangiato" o del panda nato nella riserva vattelappesca.

Forse niente s'è detto perchè oggi si deve anche stare attenti a parlare della Mafia.. esattamente come si deve stare attenti a parlare delle Istituzioni (anzi, dei loro rappresentanti; Anzi, solo di alcuni). Non voglio dire altro, vi lascio col video. Quello si che riporta seriamente e giornalisticamente ciò che dovete sapere. O almeno dovete sapere che qualcuno lo pensa. La nostra storia non ci insegna niente, troviamo sempre nuovi modi per rifare gli stessi errori.

2 febbraio 2009

Mi avete convinto.


Bene, andiamo avanti.
Si, lo so, il blog non è stato aggiornato per molto tempo, e me ne scuso. Che ci crediate o no mi avete convinto voi a continuare. Nonostante i lavori fossero fermi siete calati ben poco nelle visite (che io controllo :P ) così, se fino ad oggi sono stato colpito dalla sindrome dello scrittore annoiato, annoiato dalle solite facce, dalle solite cose, dai soliti pregiudizi e le solite sparate mediatiche in tv, dal solito clima che ti fa venire voglia di fregartene di tutto, quando sai che non puoi e non è giusto; se dunque questo mio umore aveva sortito nella sospensione di questa piccola realtà del web, mi sono convinto che in fondo vale la pena continuare; continuare a scrivere e riportare più o meno le stesse cose, più o meno nella stessa maniera e più o meno con gli stessi risultati. Mi sono convinto perchè questi risultati comunque ci sono stati, e io non ci credevo.
Ogni giorno alcuni visitano stabilmente il blog, prendono atto di quello che c'è scritto, ci riflettono. Tutto questo mi lusinga. E' come se io facessi un mini convegno ogni paio di giorni e parlassi a tutti quelli che oggi leggono. Quando ho aperto questo spazio ero convinto che al massimo ne sarebbero venuti a conoscenza i miei cari e qualche altro, ma solo se mi fossi messo ogni volta a dire "si ma vai sul mio blog che ho messo una cosa importante mi raccomando". Scoprire che sei quasi l'unico ad esserti dimenticato del tuo lavoro fa un certo effetto.
Non siete tanti ma ci siete, e il fatto che non vi conosca è in assoluto una soddisfazione. Tutto ciò è servito a qualcosa.

e se può servire ancora, perchè smettere? 2 righe, un video su misura, un articolo di giornale o un pseudo-articolo scritto di pugno. Quanto serve per richiamare alla coscienza piccole grandi cose. Se ci sarete voi ci sarò anche io, e tutto ciò avrà un senso. Buona lettura.